Nonostante sia una patologia che interessa circa due milioni di persone, l’incontinenza urinaria viene anche detta “malattia silenziosa” proprio perché chi ne soffre raramente ne parla. L’incapacità di controllare la minzione viene ingiustamente etichettata come una condizione di mancata igiene personale e di vecchiaia e ciò contribuisce a creare un muro di silenzio attorno a chi soffre di questo disturbo che inevitabilmente andrà incontro ad isolamento sociale e alla perdita di autostima.
Questa patologia, infatti, crea un disagio tale da incidere notevolmente sulla qualità dei diversi aspetti della vita della persona, generando potenzialmente problemi di tipo psicologico, lavorativo, relazionale e sessuale. Le persone colpite da questo disturbo evitano soprattutto di frequentare luoghi che non conoscono per paura dell’assenza dei servizi igienici oppure hanno il timore che, in loro vicinanza, si possa eventualmente avvertire odore di urina o, peggio ancora, si sentono a disagio per la necessità di dover indossare un assorbente.
Di incontinenza soffrono sia gli uomini sia le donne, soprattutto dopo i 60 anni, ma ad avere più problemi sono queste ultime con una maggiore incidenza (30-40% circa) nelle donne oltre i 60 anni. Questo disagio può anche riguardare soggetti giovani: ne soffrono circa il 20% della popolazione con età inferiore ai 30 anni e circa il 40% di soggetti nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni.
Esistono diversi tipi di incontinenza:
- da sforzo: quando la perdita di urina avviene in seguito ad uno sforzo fisico che determina l’aumento della pressione addominale. In questo caso anche un colpo di tosse, uno starnuto o perfino una risata possono determinare piccole perdite di urina. All’origine di questa “incontinenza da sforzo” ci sono anche variazioni ormonali (come il calo di estrogeni conseguente alla menopausa).
- da urgenza: quando la perdita di urina è preceduta da un desiderio improvviso e non rimandabile di urinare;
- mista: quando la perdita delle urine è causata da più tipi di incontinenza associate, ad esempio, si può verificare sia per sforzo che per urgenza.
- funzionale: si verifica quando la persona non è in grado di riconoscere lo stimolo della minzione o possiede limitazioni motorie che non gli consentono di recarsi rapidamente in bagno.
Le principali cause responsabili dell’incontinenza urinaria sono molteplici: costipazione; infezioni delle vie urinarie e della vescica; effetti secondari di alcuni farmaci, in particolare gli antidepressivi, i diuretici, gli analgesici, i narcotici centrali, i sedativi ecc.
Sono annoverati fra le possibili cause anche incidenti, interventi chirurgici, malattie croniche come il diabete, problemi vasco-cerebrali come l’ictus e la gravidanza o i postumi del parto, specie se la fase espulsiva del travaglio si è prolungata. Possono poi causare l’incontinenza urinaria malformazioni congenite, malattie evolutive come l’Alzheimer, malattie neurologiche come la sclerosi multipla e il Morbo di Parkinson.
L’alimentazione incide notevolmente su questo problema. Nel 2010 uno studio americano pubblicato sull’American Journal of Epidemiology ha dimostrato come il miglioramento delle abitudini alimentari e la riduzione del peso corporeo riducono l’incontinenza.
La perdita di massa grassa soprattutto a livello addominale si è visto essere capace di diminuire notevolmente la pressione intra-addominale e quindi la pressione sia sulla vescica che sul pavimento pelvico. Per ridurre l’incontinenza è quindi necessario perdere peso e ridurre le calorie assunte giornalmente.
Tra gli altri fattori che incidono notevolmente sulla frequenza di minzione è il consumo del sale. È stato dimostrato infatti come la riduzione dell’assunzione di sodio determina la riduzione del volume urinario e quindi, la frequenza ad urinare di circa il 9%.
Esistono, inoltre, alcuni alimenti e bevande che devono essere esclusi dalla dieta. È basilare ridurre o meglio ancora eliminare caffè, anche decaffeinato, cipolle e alcolici perché hanno la capacità di aumentare la diuresi stimolando la vescica. Anche le bevande gasate, gli agrumi, uva, zucchero, uova, frutta secca, formaggi stagionati, tè, aceto, pomodoro e succo di pomodoro, fragole, ananas e succo di ananas, mirtillo e succo di mirtillo, mela e succo di mela, pompelmo, cioccolata, edulcoranti, spezie e cibi piccanti devono essere evitati perché capaci di irritare le vie urinarie.
Spesso chi soffre di incontinenza tende a ridurre eccessivamente l’assunzione di liquidi ma questo errato comportamento a sua volta determina l’insorgenza di stitichezza. Inoltre riducendo drasticamente l’assunzione di acqua si rischia di andare incontro a disidratazione e di causare una iper-concentrazione delle urine, tutto ciò favorisce sia lo sviluppo di infezioni batteriche sia l’aumento della frequenza della minzione. L’ideale sarebbe bere almeno 1,5 litri di acqua nell’arco dell’intera giornata ma smettere due ore prima di andare a dormire per evitare la minzione notturna.
Tra i cibi consigliati vi sono invece: la frutta e la verdura, gli alimenti ricchi di vitamine, di sali minerali, di fibre e di proteine.
Vorrei precisare però che al cambiamento alimentare è necessario affiancare anche un cambiamento dello stile di vita: è opportuno smettere di fumare, perché la nicotina svolge un’azione irritante sulla vescica, e fare attività fisica svolgendo specifici esercizi il cui fine è il rafforzamento della muscolatura del pavimento pelvico. Un altro valido aiuto ce lo può dare anche il tè verde. Studi dimostrano che l’effetto positivo del tè verde è da ricercarsi nella capacità degli antiossidanti di proteggere la vescica. Tra questi antiossidanti, nota è l’azione benefica della epigallocatechina contenuta nel tè capace di inibire la formazione di calcoli urinari e di ridurre l’insorgenza di cancro alla vescica.
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Autore
Sono Concetta (Tina) Cultrera, mi occupo di Nutrizione ed intolleranze. Presso il mio studio eseguo prestazioni di misurazioni antropometriche, valutazione del fabbisogno energetico, indagini alimentari per evidenziare eventuali abitudini alimentari scorrette, educazione e riabilitazione nutrizionale nelle obesità nelle magrezze, nelle patologie metaboliche.