Nutrizione – Pagina 2 – Dr.ssa Cultrera Concetta

LO YOGURT E I SUOI BENEFICI

Lo yogurt è un alimento capace di apportare notevoli effetti benefici sulla salute dell’organismo.

Fu scoperto molto probabilmente per caso: il latte, conservato a lungo a temperatura ambiente veniva attaccato da microrganismi presenti sulle loro pareti e iniziava un naturale processo di fermentazione fino a trasformarsi in un composto cremoso e leggermente acidulo.

Essendo un alimento ad alta densità probiotica, cioè ricco di fermenti capaci di sopravvivere e riprodursi nel tratto gastrointestinale, lo yogurt contribuisce al benessere dell’organismo con un’attività disintossicante e antinfiammatoria sulle mucose dell’intestino, partecipando anche al ripristino della sua microflora batterica.

In quanto latte fermentato, lo yogurt mantiene il potere saziante del latte e tutte le sue sostanze nutritive come proteine, vitamine e minerali. Tra questi vi sono senz’altro il calcio, fondamentale per la salute di ossa e denti, per la stimolazione del metabolismo cellulare e per la regolarizzazione della pressione sanguigna, e la vitamina B2, indispensabile per la produzione di anticorpi, lo sviluppo dei tessuti e il benessere di unghie e capelli.

Molti studi  hanno affrontato in maniera specifica l’impatto dello yogurt sullo stato dei suoi consumatori più anziani: poiché l’età che avanza è accompagnata da una vasta gamma di carenze nutrizionali e complicazioni sanitarie dal punto di vista immunitario, muscolo-scheletrico, cardiovascolare e cognitivo, i risultati delle ricerche suggeriscono che questo prodotto potrebbe avere un ruolo decisivo nella dieta delle persone adulte, ai fini di un invecchiamento sano e attivo.

Lo yogurt ha infine numerosi utilizzi di carattere cosmetico e può diventare protagonista di fantastiche ricette di bellezza. Ad esempio, può trasformarsi in un’ottima base per uno scrub esfoliante per il viso o nell’ingrediente principale per maschere fai da te, utili per idratare e illuminare la pelle, nonché lenire i rossori, le irritazioni e le scottature solari. Non solo: è ideale per un trattamento nutriente per capelli, dal momento che aiuta a renderli morbidi ed elastici in condizioni di stress o secchezza.

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DIETA E GENETICA

Le relazioni tra dieta e genetica rappresentano la frontiera di studio più avanzata della scienza dell’alimentazione. Con i progressi della biologia molecolare, infatti, si stanno già sviluppando due nuove discipline, la nutrigenetica e la nutrigenomica, entrambe finalizzate a migliorare la salute grazie a una personalizzazione mirata della nutrizione, in base alle caratteristiche uniche di ogni singolo individuo e alla capacità del cibo di influire sull’espressione del DNA.

La biologia molecolare avrebbe notato che gli alimenti sono in grado di influire sul DNA e sull’espressione di alcuni geni. Il nostro patrimonio genetico, chiamato anche genoma, è costituito da oltre 30.000 geni, ognuno dei quali rappresenta un segmento del DNA, che fornisce istruzione all’organismo e che per grandissima parte è identico in tutti gli esseri umani. La minima quota che ci differenzia, pari indicativamente allo 0,1%, è però decisiva per rendere unico ogni individuo.

L’interazione individuale tra genoma e alimentazione, quindi, porta alla variazione dell’espressione dei geni coinvolti nel metabolismo specifico di ogni organismo.

Anche se la genetica individuale non è modificabile, l’ambiente in cui si vive ha un ruolo fondamentale, influenzando in modo significativo la cosiddetta “espressione genica”. In altri termini, le circostanze e lo stile di vita tra cui dieta, attività fisica, inquinamento, farmaci, ecc.  interagiscono con i geni, rapporto dal quale dipendono vari aspetti della vita e della salute. Pertanto, determinati comportamenti possono attivarli o spegnerli, ad esempio accelerando l’invecchiamento o la comparsa di certe malattie.

Da questo filone è nata quella che viene chiamata nutrizione molecolare, basata sulla nutrigenetica e sulla nutrigenomica, distinte ma interconnesse e complementari. Vediamo nel dettaglio in cosa consistono.

  • La Nutrigenetica: la scienza che studia i rapporti tra il patrimonio genetico e la risposta individuale ai cibi è chiamata nutrigenetica, o genetica nutrizionale. In sostanza, si indaga quanto e come i “suggerimenti” dettati dal genoma di un individuo possono influire sulla dieta. Nella pratica, l’obiettivo è formulare un’alimentazione su misura, le cui potenzialità primarie riguardano la prevenzione e il contributo alla cura di alcune patologie croniche e degenerative, con interventi basati appunto sulle conoscenze della base genetica, oltre che dei fabbisogni nutrizionali individuali e dello stato di forma. Il DNA, quindi, può fornire informazioni sulla terapia dietetica, allo scopo di prevenire o ritardare l’insorgenza di malattie correlate all’alimentazione, in modo diretto o indiretto, come quelle cardiovascolari legate all’ipercolesterolemia e l’obesità.

Al momento, l’indagine sulle varianti genetiche può interessare la sensibilità soggettive a sostanze quali alcol, caffeina e solfiti o l’efficacia detossificante e antiossidante.

  • La nutrigenomica: o genomica nutrizionale, rappresenta l’altra faccia della medaglia, in quanto a essere studiato è il modo in cui si reagisce alle molecole presenti nei cibi, ovvero come l’alimentazione può influenzare la genetica e le funzioni a essa associate. In sostanza, a essere analizzate sono le correlazioni tra alimenti e modifiche del DNA. Pertanto, se da un lato i geni sono importanti nel determinare una funzione, dall’altro la nutrizione può modificare l’espressione dei geni, condizionando la lettura dell’informazione contenuta nel proprio genoma, e di conseguenza il metabolismo e la salute stessa. 

Quello che mangiamo può determinare il modo in cui digeriamo i cibi stessi, ma anche funzioni non direttamente associate al metabolismo. I carboidrati, ad esempio, influenzerebbero la risposta allo stress cellulare. Attualmente, la nutrigenomica cerca di capire come i diversi cibi possano predisporre a determinate patologie, quali Alzheimer e cancro, al fine individuare e mettere a punto alimenti funzionali o arricchiti per attivare o bloccare specifiche risposte geniche.

Attualmente alcuni benefici di questo ambito di ricerca stanno emergendo nel mettere a punto diete per pazienti con malattie metaboliche, mentre per le malattie autoimmuni sono indicati specifici alimenti funzionali e arricchiti di vitamine o acidi grassi polinsaturi.

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MELANZANE RICCHE DI VITAMINE FIBRE E POTASSIO

Le melanzane sono considerate alimenti benefici, e in effetti possiedono diverse proprietà, tra le quali:

  • Possono contribuire al controllo del colesterolo;
  • Supportano la digestione e il transito intestinale. Hanno effetti benefici per l’intestino in quanto contengono fibre alimentari, e aiutano a prevenire la stipsi.
  • Stimolano la diuresi  grazie al loro contenuto di acqua aiutano l’organismo a mantenersi idratato;
  • Contengono potassio, che aiuta a mantenere l’equilibrio della pressione sanguigna e può avere effetti positivi sulla salute cardiovascolare;
  • Sono ricche di polifenoli e di antiossidanti, che proteggono le cellule dall’invecchiamento e dai danni causati dai radicali liberi.

Sebbene le melanzane siano un alimento considerato “benefico” i  loro potenziali effetti positivi si ottengono integrandoli all’interno di un’alimentazione equilibrata basata su uno stile di vita sano che comprenda attività fisica regolare, idratazione adeguata e abbandono di eventuali abitudini errate.

Sebbene le melanzane vengano generalmente ben tollerate, un consumo eccessivo può causare alcune controindicazioni, tra le quali:

  • A causa della quantità di fibre, un consumo eccessivo può aumentare la motilità intestinale, avere un effetto lassativo e causare diarrea.
  • Può causare allergie e intolleranze. Alcune persone possono essere sensibili alle solanacee, e sperimentare sintomi come gonfiore o prurito dopo il consumo;
  • Non andrebbero consumate crude, in quanto contengono solanina, una sostanza nociva che viene neutralizzata con la cottura. Quest’ultima può provocare disturbi gastrointestinali, nausea, crampi addominali e diarrea;
  • A causa del loro contenuto di potassio, le melanzane dovrebbero essere consumate con moderazione da chi soffre di insufficienza renale o problemi ai reni. In questi casi, è sempre opportuno consultare il proprio medico e il proprio nutrizionista di riferimento.
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INSULINO RESISTENZA COSA MANGIARE

L’insulino-resistenza avviene quando le cellule diventano progressivamente insensibili all’insulina, l’ormone necessario per far passare il glucosio dal sangue alla cellula, che solitamente viene rilasciato dopo i pasti. Con l’insensibilità della cellula il glucosio si accumula nel sangue e l’organismo risponde aumentando la produzione d’insulina, inducendo uno stato più o meno marcato di iperinsulinemia che nel tempo può portare alla comparsa di diabete mellito.

Quando dagli esami ematochimici si evidenzia un eccesso di insulina nel sangue si parla di iperinsulinemia che non è sempre indice di malattia, come nel diabete mellito di tipo 2, ma può contribuire alla sua insorgenza come anche allo sviluppo di altre condizioni metaboliche come la sindrome metabolica. L’insulina è un ormone secreto dalle cellule beta del pancreas la cui principale funzione è regolare il livello di glicemia nel sangue. Questa attività, infatti, può essere compromessa da una condizione chiamata insulino-resistenza, uno stato che spesso incide sull’aumento di peso.

Oltre a fattori genetici altre cause che possono contribuire al  rischio di insulino-resistenza sono  la sedentarietà, l’invecchiamento, l’alimentazione sbilanciata in zuccheri semplici e l’assunzione di alcuni farmaci.

Alcuni studi hanno evidenziato che circa il 50% dei soggetti con ipertensione arteriosa è anche insulino-resistente, indicandone una possibile concausa. L’alterazione del profilo lipidico è una delle manifestazioni più tipiche dell’insulino-resistenza in quanto causa:

  • elevati valori di trigliceridi e conseguente aumento dei valori di LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) portano a un maggiore rischio cardiovascolare.
  • L’alterazione lipidica può poi innescare un aumento di grasso nel fegato dando origine alla steatosi epatica (fegato grasso) e all’aumento di peso.

In chi soffre di insulino resistenza, quindi, è fondamentale tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue (glicemia). La regola generale intorno a cui costruire il piano alimentare è semplice: prediligere cibi a basso indice glicemico. Inoltre, è bene assicurarsi un buon apporto di grassi saturi e di proteine, mentre vanno consumati pochi carboidrati, prediligendo magari quelli proveniente da cereali integrali.

I cibi consigliati a chi soffre di insulino resistenza sono i seguenti:

  • Verdure verde o bianca;
  • Carne e pesce (soprattutto azzurro)
  • Uova
  • Formaggi e latticini (con moderazione)
  • Poca frutta a basso contenuto di zuccheri (es: frutti di bosco scuri).

I cibi da evitare

  • Pane e pasta raffinati;
  • Biscotti e dolci di vario genere;
  • Merendine e cibi confezionati;
  • Frutta con alto contenuto di zuccheri (cachi, anguria, fichi, uva, ecc)
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