I disturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano, oggi un fenomeno di grande interesse sia sanitario che sociale.
Disordini alimentari,anoressia e bulimia nervosa sono fenomeni in forte aumento negli ultimi anni, nel mondo occidentale, soprattutto tra le donne, anche se un numero sempre crescente di uomini ne è colpito.
Oggi se ne parla molto, ma spesso senza conoscerne il vero significato, queste due malattie, infatti, sono a volte confuse, conosciute solo in parte, oppure sono semplificate con l’errato binomio anoressia uguale magrezza, bulimia uguale obesità. Anoressia nervosa e bulimia nervosa sono tra i disturbi psicologici dell’alimentazione più importanti e rappresentano due comportamenti opposti:
Anoressia:
mangiare troppo poco o non mangiare per niente, nei casi più gravi fino a morire
Bulimia: mangiare troppo, fare delle abbuffate procurandosi spesso danni fisici.
Le cause dei disturbi del comportamento alimentare non sono note.
Sembrerebbero disturbi di natura multifattoriale, con componenti genetiche e componenti socio-culturali, legate, cioè, al contesto in cui si vive.
Presso lo studio, in collaborazione con il psicoterapeuta, viene effettuata la terapia cognitivo comportamentale.
Trattamento anoressia:
ha come obiettivi iniziali la normalizzazione del peso e l’abbandono delle condotte di restrizione dell’assunzione del cibo, delle abbuffate e delle condotte di eliminazione. In seconda battuta occorre aumentare i livelli di autostima, ampliare la definizione di sé al di là dell’apparenza fisica, ridurre il perfezionismo e il pensiero tutto-nulla, migliorare i rapporti interpersonali e, nel caso di adolescenti, aiutare i familiari a gestire il problema dei figli, mettendo anche in evidenza quali atteggiamenti siano controproducenti e da evitare.
Trattamento Bulimia:
Obiettivo principale del trattamento è, innanzitutto, quello di normalizzare il comportamento alimentare; i pazienti devono riacquistare accettabili attitudini nei riguardi del cibo e modificare la convinzione che il peso costituisca l’unico o il principale fattore in base al quale valutare il proprio valore personale. Il primo passo consistete in interventi cognitivi tesi a interrompere il circolo vizioso restrizione-abbuffata-vomito, attraverso procedure come colloqui informativi e motivazionali, concettualizzazione del disturbo e condivisione con il paziente; vengono usate anche tecniche di automonitoraggio come i diari alimentari o la registrazione delle emozioni e pensieri che accompagnano i sintomi.
L’obiettivo è riabituare il paziente a un’alimentazione corretta, regolarizzando la frequenza dei pasti e utilizzando attività alternative alle abbuffate o alle condotte eliminatorie. In una seconda fase il trattamento mira a rendere stabile il nuovo comportamento alimentare e, soprattutto, a ridurre l’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee. Infine la terza fase prevede l’applicazione di procedure finalizzate a mantenere i risultati raggiunti durante il trattamento: vengono usate strategie di prevenzione delle ricadute e tecniche che mirano ad aumentare la capacità di fronteggiare le situazioni critiche per il paziente.
Negli ultimi anni si sta assistendo alla nascita di un nuovo disturbo del comportamento alimentare: l’ortoressia, cioè l’ossessione di mangiare soltanto cibi rigorosamente sani, assolutamente incapaci di nuocere in alcun modo a chi li ingerisce. Rispetto all’anoressia e bulimia, l’ortoressia differisce nei comportamenti che induce: nell’anoressia e nella bulimia chi ne soffre concentra la propria attenzione sulla quantità del cibo, nell’ortoressia sulla sua qualità.
Per chi soffre di questa patologia le assicurazioni che il cibo sia biologico, biodinamico, sterile, igienicamente impeccabile sono del tutto insufficienti. Pare da studi eseguiti in Gran Bretagna, dove è nato questo disturbo, che è altissimo il numero di sofferenti di ortoressia fra i vegetariani, i vegani, le classi sociali a più alto tasso di istruzione quindi più informate, i consumatori abituali di prodotti biologici e biodinamici.